C’è chi crede di essere morto: L’enigma della Cotard Delusion




C’è una linea sottile che separa la percezione dalla realtà, soprattutto quando si tratta della nostra esistenza. Immaginate di vivere con la convinzione assoluta di essere morti, una condizione nota come Cotard delusion. Nonostante le attività quotidiane – mangiare, bere, socializzare – ci sono individui convinti di essere morti, una condizione che sfida ogni logica e che la scienza ha iniziato appena a decifrare.

Sigmund Freud propose che questa condizione derivasse da una “fortissima depressione”. La maggior parte del mondo scientifico condivide questa visione, ma le cause esatte rimangono ancora un mistero. Tuttavia, il neurologo Vilayanur S. Ramachandran suggerisce un’ipotesi intrigante, che io condivido. Secondo Ramachandran, nel cervello umano esiste un “circuito cerebrale”, una specifica area che conserva l’informazione essenziale: “sono vivo” o “sono morto”. Quando questo circuito è danneggiato o non funziona correttamente, l’assenza di risposta o una risposta errata da parte di un’area specifica del cervello indurrebbe l’individuo a credere di essere morto. Questo meccanismo interno, una volta identificato, potrebbe gettare luce su un aspetto fondamentale della coscienza di sé.

Questo fenomeno solleva questioni fondamentali sull’autopercezione e la coscienza di sé. Nel tentativo di capire meglio, possiamo paragonare il cervello a un computer, con variabili che indicano lo stato di vita o morte. Un computer, con una programmazione analoga, potrebbe comportarsi come le persone affette dalla delusione di Cotard, interrogando periodicamente se stesso per confermare la propria “esistenza in vita”.

Approfondendo l’ipotesi di Ramachandran, ci avviciniamo alla comprensione di un aspetto della coscienza di sé. Ma questo apre porte ancora più grandi, che ci portano a chiederci: cos’è la coscienza umana? E dove risiede? Queste domande non hanno ancora risposte definitive e attraversano diverse discipline, dalla religione alla filosofia e ora alle neuroscienze.
Scoprire l’esatta ubicazione e funzione dell’area indicata da Ramachandran rappresenterebbe una scoperta di grande valore. Ci aiuterebbe non solo a comprendere meglio la coscienza di sé, ma potrebbe anche essere un primo passo cruciale verso la creazione di una coscienza digitale simila a quella umana, aprendo un dibattito sul futuro della tecnologia e dell’essere umano.

La Cotard delusion ci spinge quindi a riflettere profondamente su cosa significhi essere vivi. Al di là delle definizioni biologiche, la nostra convinzione di esistere è radicata in meccanismi cerebrali che, se compromessi, possono alterare radicalmente la nostra esperienza del mondo.

Concludendo, mentre esploriamo le frontiere della conoscenza umana e la comprensione della coscienza, ci troviamo di fronte a una complessa interazione di biologia, psicologia e filosofia. E mentre la scienza avanza, forse ci avviciniamo a rispondere a queste domande profonde e fondamentali sull’esistenza.

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